SARA GENOVESI – ELEMENTI DI SOPRANNATURALE NE “LE OCCASIONI” DI EUGENIO MONTALE
[Il seguente saggio è un contributo di Sara Genovesi per il seminario di Teoria della Letteratura presso l’Università di Pisa, A.A. 2017/2018.]
Le Occasioni è la seconda raccolta poetica di Eugenio Montale, pubblicata da Einaudi in una prima edizione nel 1939, e successivamente arricchita di altri quattro componimenti in una seconda edizione del 1940.
Le Occasioni è un diario di viaggio, un canzoniere che racconta le esperienze realmente vissute dal poeta. La vicenda privata e personale si connette fortemente alla storia pubblica, dal momento che il trauma dovuto alla separazione dalla donna amata, Irma Brandeis, è causato da fattori storici e politici di rilevanza mondiale. Infatti mentre Irma stava lavorando a New York come traduttrice e docente di lingua e letteratura italiana e francese, in Italia erano state promulgate le leggi razziali, che le tolsero la possibilità di fare ritorno nel paese a causa delle sue origini ebraiche. Nonostante il tentativo di far emigrare Montale negli Stati Uniti, i progetti dei due amanti fallirono e non si ritrovarono mai più. La dedica cifrata “a I.B.” all’inizio dell’opera rende omaggio, dall’edizione del 1949, al loro amore travagliato, ed è una dimostrazione di rinnovata fedeltà alla sua figura di musa ispiratrice.
Oltre a connettere la propria vicenda personale con la Storia mondiale, Montale proietta il suo “io empirico” in un “io trascendentale”, trasformando il suo miracolo privato in un miracolo pubblico: all’interno dell’opera Irma, trasformata in donna-angelo, ha il compito impossibile di salvare non solo Montale, ma tutta l’umanità, dalla barbarie incalzante, difendendo i valori più alti della civiltà e della cultura che in quegli anni erano minacciati da nazismo e fascismo.
Il titolo dell’opera Le Occasioni rimanda anch’esso a qualcosa di tanto personale quanto universale: le occasioni sono la ricerca di un tempo ritrovato, un tempo in cui la vita era ancora piena. L’occasione è un istante d’eccezione, un’epifania in cui si possono verificare eventi magici, in cui i ricordi riemergono all’improvviso dal passato. Le occasioni sono epifanie che spesso all’interno dell’opera vengono annunciate, presagite, per poi essere negate. Questa è la particolarità e l’unicità di Montale, rispetto ad altri grandi autori del calibro di Proust e Joyce: per Montale l’evento d’eccezione presuppone una consapevolezza da parte del soggetto sul vuoto esistenziale che caratterizza la vita umana. L’epifania è quindi un’epifania negativa, perché in definitiva non porta speranza o salvezza, ma solo un’amara consapevolezza che non redime l’individuo.
La raccolta è aperta dalla poesia Il balcone, e si divide in quattro sezioni: la prima è formata da sedici componimenti e ha un carattere composito, in cui ricorre il tema del viaggio; la seconda sezione, intitolata Mottetti, si compone di venti componimenti di breve misura dedicati alla figura di Irma Brandeis, donna-angelo portatrice di salvezza; la terza parte è formata da un poemetto intitolato Tempi di Bellosguardo che, rifacendosi al poema foscoliano de Le Grazie, porta l’attenzione sui valori umanistici di una civiltà raffinata, contrapposta alla barbarie dilagante nel mondo contemporaneo; la quarta parte, che chiude la raccolta, si compone di quindici testi, articolati intorno a due temi principali quali la separazione dalle figure femminili e la dispersione del tempo e della memoria.
Troviamo i primi cenni a una dimensione soprannaturale nella poesia Buffalo: il poeta nel comporre il testo torna con la memoria a un’esperienza vissuta nel velodromo parigino di Buffalo, dove molte persone si stavano radunando per assistere a una competizione di stayers. Al piano della memoria tuttavia si sovrappone un’allucinazione scatenata da uno scatto epifanico, e la pista del velodromo si trasforma nel fiume Acheronte, mentre tutto è immerso in un paesaggio infernale che richiama lo scenario descritto in Dante, Inferno III. La sovrapposizione dei due piani, realistico e sovrannaturale, scaturisce dalla conformazione del luogo in cui si trovava il poeta, e avviene attraverso la scelta del lessico, che combina elementi concreti e dettagliati a terminologie di derivazione dantesca:
Un dolce inferno a raffiche addensava nell’ansa risonante di megafoni
turbe d’ogni colore. Si vuotavano
a fiotti nella sera gli autocarri. Vaporava fumosa una calura
sul golfo brulicante; in basso un arco lucido figurava una corrente
e la folla era pronta al varco. […][1]
Partendo dal termine ansa, che definisce la curva di un fiume e non di un velodromo, e richiama quindi la dimensione infernale, troviamo poi una citazione di Dante nel termine turbe, usato da quest’ultimo in Inferno III (vv.16-18). L’atmosfera infernale tuttavia viene bruscamente intercalata da termini del tutto contemporanei come megafoni e autocarri, che rendono esplicita la sovrapposizione e la contrapposizione tra le due dimensioni. Solo il verbo figurava al v.7 ricongiunge le due immagini facendoci cogliere la sovrapposizione in maniera più esplicita.
In questo caso quindi il soprannaturale si configura come un’allucinazione del poeta, ma non si limita soltanto a questo: l’allucinazione ci comunica una verità più rofonda, effetto tipico del momento epifanico. È come se la visione infernale volesse comunicarci che le persone partecipanti all’evento sono anime dannate, che vivono in un inferno senza nemmeno accorgersene, vittime e complici del triste decorso della Storia degli anni Trenta. La poesia di Montale contrappone spesso l’individualità di pochi eletti (quasi sempre limitati alla figura del poeta e alla sua amata) alla massa dei più, che sono considerati automi inconsapevoli e privi di ogni speranza di vivere una vita piena. Subito dall’inizio della raccolta quindi vediamo che il soprannaturale si lega al fenomeno dell’epifania e che quindi comporta una maggiore pienezza di significato.
Un’altra caratteristica che si può notare all’interno della raccolta è che quasi sempre il soprannaturale è legato alle figure femminili. Se nella seconda sezione, quella dei Mottetti, la protagonista indiscussa è Irma Brandeis, nelle altre sezioni compaiono anche altre figure di donne. La prima che incontriamo è quella di Gerti, ispirata alla persona di Gertruden Gerti Frankl, un’amica austriaca di Montale anch’essa di origini ebraiche. All’interno della poesia Carnevale di Gerti Montale la descrive mentre attraversa Firenze a bordo di una carrozza, durante i festeggiamenti di carnevale. Una serie di contrattempi causati dalla folla in festa spezzano il ritmo del tragitto, trasportando la donna in una dimensione magica e richiamando alla sua memoria il sortilegio da lei compiuto durante la sera dell’ultimo dell’anno, quando aveva fuso il piombo per leggere il futuro ai suoi amici, scardinando per qualche momento la razionalità delle loro vite.
[…] se si sfolla la strada e ti conduce in un mondo soffiato entro una tremula bolla d’aria e di luce dove il sole
saluta la tua grazia – hai ritrovato
forse la strada che tentò un istante
il piombo fuso a mezzanotte quando finì l’anno tranquillo senza spari. […]
Nella seconda lassa Gerti entra in una dimensione magica, angelica, fatta di sogni e incantesimi.
[…] ora chiedi il paese dove gli onagri mordano quadri di zucchero alle tue mani e i tozzi alberi spuntino germogli miracolosi al becco dei pavoni. […]
Il momento epifanico di Gerti viene interrotto nella terza lassa, quando la voce del poeta interviene presagendo la tristezza della donna che una volta tornata a casa troverà i doni mai spediti agli amici che erano assenti durante la festa di capodanno. Gerti deve così fare i conti con la realtà e accettarla nella sua crudeltà. Anche in questo caso il soprannaturale viene evocato in uno di questi “disguidi del possibile” (v.58), ovvero durante le epifanie, momenti in cui il tempo passato torna nel tempo presente portando un’illusione di vita piena.
Già dall’inizio della raccolta dunque vediamo come Montale colleghi il fenomeno soprannaturale alla figura femminile: le donne per lui sono portatrici di una verità più autentica, sono fonte di vitalità e spesso hanno potere profetico e il dono della chiaroveggenza. Per questo attraverso di loro il poeta può raggiungere la salvezza, perché la loro presenza riesce a fargli comprendere una verità più profonda che altrimenti rimarrebbe inconoscibile.
In Corrispondenze il poeta si trova in un paesaggio naturale e descrive l’arrivo dell’autunno attraverso la presenza di un’energia misteriosa e malinconica (“La mano che raggiunge il sottobosco” v.5) che porta decadenza nel paesaggio e nel suo animo. Improvvisamente appare una figura di donna definita “pastora senza greggi”, un personaggio enigmatico che come una profetessa osserva le traiettorie di volo degli uccelli nel cielo per interpretare il futuro. Il poeta riconosce la donna ma non è capace di comprendere la sua chiaroveggenza, e la rivelazione che sembrava essere annunciata non si compie.
In altri casi invece le donne amate dal poeta, separate fisicamente da lui, cercano di manifestarglisi attraverso dei segni, o gli appaiono come veri e propri spettri.
In Molti anni, e uno più duro sopra il lago…, la donna di cui ci parla Montale è Maria Rosa Solari, altra musa ispiratrice del poeta, la quale dopo essere stata ricoverata per molto tempo in un sanatorio è finalmente guarita. Si manifesta al poeta come un’apparizione, in veste di profetessa, mentre porta con sé l’insegna di San Giorgio e il drago, emblemi della sua città natale, Genova:
[…] Poi scendesti dai monti a riportarmi
San Giorgio e il drago. […]
Il movimento dall’alto verso il basso compiuto dalla donna simboleggia il suo trionfo, mentre San Giorgio, che secondo la leggenda aveva sconfitto un drago per salvare una principessa, è simbolo di salvezza e di vittoria delle forze positive su quelle malvagie. Anche in questo caso quindi gli elementi soprannaturali evocati rimandano a significati più profondi, legati a una tradizione ben consolidata come quella religiosa e popolare.
Molte altre sono le apparizioni di questo tipo, soprattutto quelle della donna- angelo (Irma Brandeis): in Ecco il segno; s’innerva assistiamo alla sua prima apparizione. La sua comparsa fisica è preannunciata dalla luce dell’aurora che proietta su un muro l’ombra definita di una palma all’interno di un paesaggio invernale.
Ecco il segno; s’innerva
sul muro che s’indora:
un frastaglio di palma
bruciato dai barbagli dell’aurora. […]
L’inizio del componimento ci fa capire che il poeta era già in attesa di un segno da parte della donna-angelo (“Ecco il segno”), segno che arriva insieme alla luce del sole, che con violenza (“bruciato”) proietta l’ombra della palma su un muro. È a questo punto che la donna compie il suo miracolo:
[…] Il passo che proviene
dalla serra sì lieve,
non è felpato dalla neve, è ancora tua vita, sangue tuo nelle mie vene.
All’interno del paesaggio invernale la donna si manifesta attraverso il suo lieve passo e la sua presenza è portatrice di una vitalità tale da invadere completamente il poeta. La donna quindi “s’innerva” nelle vene del poeta, così come le fronde della palma proiettate sul muro.
Anche in Eastbourne l’apparizione della donna-angelo è scatenata da un effetto della luce solare, questa volta al tramonto.
[…] E vieni
tu pure voce prigioniera, sciolta anima ch’è smarrita,
voce di sangue, persa e restituita alla mia sera.Come luce muove sui suoi spicchi
la porta di un albergo
- risponde un’altra e le rivolge un raggio – m’agita un carosello che travolge
tutto dentro il suo giro; ed io in ascolto
(‘mia patria!’) riconosco il tuo respiro, anch’io mi levo e il giorno è troppo folto. […]
Possiamo quindi osservare che la manifestazione del soprannaturale non è casuale, ma è legata a dei momenti particolari della giornata, ovvero al suo inizio e alla sua fine.
In altri casi invece sono le sensazioni sonore a scatenare le epifanie (come accade anche nell’opera di Proust) e con loro le manifestazioni soprannaturali della donna. Questo avviene in Infuria sale o grandine? Fa strage… dove il suono degli scrosci di grandine si tramuta in una riproduzione della Lakmè di Delibes, opera molto cara a Irma che attraverso questo richiamo appare al poeta.
La donna ha una personalità complessa, e si manifesta sia come angelo che come maga: per esempio inNuove stanze mentre lei e il poeta giocano a scacchi, il fumo delle sue sigarette viene animato dai suoi poteri magici e le pedine della scacchiera prendono vita assistendo ai vortici di fumo che si addensano e si muovono nella stanza.
Poi che gli ultimi fili di tabacco
al tuo gesto si spengono nel piatto di cristallo, al soffitto lenta sale
la spirale del fumo
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi guardano stupefatti; e nuovi anelli la seguono, più mobili di quelli
delle tue dita. […]
Tutte queste apparizioni delineano una personalità ambigua: se la donna è portatrice di salvezza al contempo è anche una maga, una creatura fragile e una messaggera severa. Circa a metà della raccolta troviamo Ti libero la fronte dai ghiaccioli… poesia in cui la donna, trasformata in un vero e proprio angelo, viene curata dal poeta a seguito delle ferite riportate durante un viaggio attraverso le masse celesti. In questa poesia si manifesta tutta la sua debolezza e fragilità:
Ti libero la fronte dai ghiaccioli
che raccogliesti traversando l’alte nebulose; hai le penne lacerate
dai cicloni, ti desti a soprassalti. […]
Mentre all’esterno il mondo è inconsapevole del miracolo avvenuto, la donna-angelo soffre in un sonno agitato, ha il corpo ferito ed è completamente in balia delle cure del poeta. Ormai non si parla più solo della figura biografica di Irma Brandeis, poiché la sua persona viene trasfigurata nella poesia secondo modalità stilnoviste e gozzaniane (soprattutto il Gozzano di Invernale). La donna-angelo incarna valori sacri (anche se non si tratta di una sacralità tradizionale) tanto quanto fragili, messi in crisi dagli eventi storici imminenti, mentre fuori dall’ambiente protetto in cui si trova con il poeta, l’umanità è indifferente a questo dramma.
Al contempo la sua è anche una personalità severa: in Elegia di Pico Farnese compare sdegnosa per ammonire il poeta e allontanarlo da facili superstizioni.
[…] Ben altro
è l’Amore – e fra gli alberi balena col tuo cruccio
e la tua frangia d’ali, messaggera accigliata! […]
La messaggera accigliata contrappone i suoi valori di civiltà e cultura elevata a quelli negativi delle “donne barbute”, ovvero le pellegrine in sosta a Pico Farnese. La fede religiosa viene contrapposta sia al credo del poeta, laico e razionale, sia alla donna-angelo che con il suo sguardo rammenta al soggetto lirico di rifiutare le illusioni e i falsi valori delle superstizioni religiose. Questo componimento dunque ci dice qualcosa di importante anche sulla concezione della religione cristiana per Montale: anche se la donna-angelo è collegata per le sue caratteristiche soprannaturali all’immaginario religioso cristiano, Montale usa la religione solo come repertorio consolidato di simboli a cui attingere per dire però qualcosa di diverso. Montale infatti non attinge più solo dalla mitologia classica, come avevano fatto i poeti classicisti, ma anche se non soprattutto dalla religione cristiana, inquadrata così anch’essa come una mitologia, una tradizione, svuotata però del suo credito.
Vediamo un chiaro esempio di questa raffigurazione secondo i canoni estetici cristiani nel componimento che chiude l’opera, Notizie dall’amiata; diviso in tre parti, possiamo dire che riassuma i concetti fondamentali della raccolta: nel primo tempo il poeta sta scrivendo una lettera alla figura salvifica della donna-angelo, quando lei improvvisamente si manifesta aprendo un varco nel muro della stanza.
[…] Schiude la tua icona
il fondo luminoso. Fuori piove.
L’icona è un’immagine sacra che nella tradizione religiosa cristiana presupponeva la raffigurazione di un santo su uno sfondo dorato, e così è come il poeta vede apparire la donna attraverso il muro della stanza.
Questa è l’ultima manifestazione della creatura salvifica, che nel secondo tempo del componimento sarà attesa invano, mentre il terzo e ultimo movimento è una presa di coscienza del poeta riguardo all’impossibilità di trovare una salvezza per se stesso e per l’umanità. Non ci sono più epifanie né manifestazioni dell’amata, e il poeta cade nello sconforto e nell’umile ricerca di pietà.
Avendo esaminato i componimenti in cui ne Le Occasioni si manifestano eventi soprannaturali, possiamo cercare di descrivere la tipologia di questi fenomeni secondo la classificazione sviluppata da Francesco Orlando.
Abbiamo visto che questi fenomeni sono legati alla tradizione della religione cristiana: questo potrebbe farci pensare a un soprannaturale di tradizione come quello che caratterizza per esempio la Commedia. In entrambi i casi infatti non è messa in discussione l’esistenza del fenomeno, che ci viene presentato come già dato e giustificato da una tradizione consolidata nei secoli. Al contrario del soprannaturale di ignoranza, non si dubita “se” esista o meno qualcosa di straordinario. Tuttavia se per Dante il racconto di eventi soprannaturali era reso pienamente accettabile dalle credenze che il poeta condivideva con la collettività in cui viveva, in Montale non troviamo la stessa situazione: al contrario la tradizione religiosa viene esplicitamente messa in dubbio in Elegia di Pico Farnese e svuotata dall’interno. Montale parla da laico, e il credito conferito al soprannaturale è limitato solo alla finzione poetica. Si tratta quindi di un soprannaturale forte ma diverso da quello di tradizione. Possiamo allora paragonarlo a quello che troviamo nel Faust di Goethe o ne I fratelli Karamazov di Dostoevskij, ovvero un soprannaturale di trasposizione. Vediamo infatti che, come accade per Goethe, Montale usa il soprannaturale per esprimere condizioni e contraddizioni della società in cui vive che sarebbero altrimenti inesprimibili. Durante la pubblicazione dell’opera in Italia il potere fascista era ormai completamente affermato e l’entrata in scena dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale a fianco della Germania nazista era imminente. In questa situazione Montale non può sferrare attacchi diretti contro un regime così forte e solo la mediazione della letteratura gli permette di esprimere la propria frustrazione e il proprio sgomento davanti all’ involuzione di una società che si presume civilizzata. La domanda che dunque Montale fa scaturire in noi riguardo ai fenomeni soprannaturali che descrive nell’opera non è se essi esistano, ma che cosa essi rappresentino. La trasposizione in eventi magici gli consente di rivelare una realtà scomoda e controcorrente che non avrebbe potuto esprimere altrimenti. Per fare questo usa un codice e una tradizione millenari, quindi socialmente accettati e conosciuti, rimotivandoli attraverso rinvii allegorico-referenziali alla contemporaneità.
Questa analisi tuttavia dovrebbe essere preceduta da alcune osservazioni generali riguardo a cosa possa essere considerato soprannaturale in letteratura: abbiamo dato per scontato finora che Montale all’interno della finzione poetica abbia voluto dare credito al soprannaturale, ovvero abbia voluto che il lettore durante la lettura credesse che Irma a un certo punto si fosse trasformata in qualcosa di più che terreno, che insomma fosse diventata un angelo. Tuttavia il sistema allegorico-referenziale delineato da Montale può far pensare che l’autore abbia usato questa simbologia cristiana come semplice strumento poetico figurale, e che, strizzando l’occhio al lettore, intendesse solo eludere il controllo del regime fascista attraverso una serie coerente di metafore. Questo ci porterebbe alla conclusione che di soprannaturale ne Le Occasioni non si possa parlare affatto, poiché questo sistema allegorico pur parlando una lingua diversa da quella quotidiana, deve essere tradotto in concetti legati strettamente ad essa, senza che perciò sia necessario trasporsi in una dimensione fantastica al di là del reale. In altre parole potremmo affermare che quel particolare accordo tra autore e lettore per cui quest’ultimo volontariamente si lascia andare all’illusione dell’esistenza di qualcosa di magico, straordinario e impossibile, non sia mai stato stretto per Le Occasioni.
Anche Francesco Orlando prima di iniziare l’analisi delle varie tipologie di soprannaturale ci parla dei limiti della sua ricerca, escludendo alcuni casi in cui, anche se si parla di un universo diverso da quello reale, non ci troviamo in presenza di quel soprannaturale da lui esaminato. Per esempio ci dice che “Nella favola esopica non risulta soprannaturale che la cicala, la formica, il lupo o l’agnello parlino”[2], dal momento che noi lettori siamo così consapevoli che essi sono delle maschere usate per parlare di comportamenti umani, che non riusciamo a essere “ingannati” dall’autore e trasportati in un universo diverso da quello reale. In questo caso quindi l’allegoria non crea un universo parallelo in cui attraverso la nostra fantasia e quella dell’autore possiamo dare credito a eventi diversi da quelli della realtà: essa si limita a tradurre in un linguaggio simbolico quella stessa realtà in cui viviamo. Nel caso di un testo poetico, in cui metafora e allegoria sono più comuni rispetto alla prosa, la situazione si fa ancora più ambigua: Orlando considera il problema della metafora dicendo: “[…] nella poesia lirica, non è soprannaturale che la fantasia metaforica congiunga tutto con tutto.”[3] Prende poi ad esempio i versi di Shakespeare dalla prima quartina del Sonetto 119:
What potions have I drunk of siren tears
distilled from limbecks foul as hell within,
Applying fears to hopes, and hopes to fears,
Still losing when I sow myself to win?[4]
Orlando ci spiega: “Nei primi due versi l’inventiva metaforica è tale da rendere quell’inferno davvero un inferno, e quelle lacrime vere lacrime di sirena, ma nei due successivi il soprannaturale è del tutto assente”.[5] Dopo queste precisazioni si potrebbe dunque sostenere che Montale abbia usato la metafora come strumento poetico puro e semplice, che abbia usato dei simboli senza evadere da quella realtà da lui sentita come moralmente decaduta, e che la trasmutazione della donna in angelo debba rimanere dentro la categoria della figura retorica. Non ci sarebbe nessun credito speciale che l’autore richiede al lettore e tutta la raccolta si configurerebbe come un tentativo di aggirare la censura e di esprimere dei concetti secondo un linguaggio poetico che per sua definizione è diverso da quello prosastico.
Dall’altra parte però Orlando ci dice anche: “Per quanto riguarda altri testi lirici più narrativi e di dimensioni più ampie non c’è invece da esitare” e porta ad esempio alcune opere come The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge, che nonostante sia una ballata intrisa di significati metaforici, ha un impianto narrativo molto forte e il lettore ascoltando il racconto del vecchio marinaio viene a contatto con un universo che è indubbiamente soprannaturale e a cui è spinto a dare credito. Orlando quindi aggiunge: “Sembra che la consistenza del soprannaturale dipenda direttamente anche dalle dimensioni e dalla maggiore o minore narratività del testo”.
In che situazione ci troviamo dunque ne Le Occasioni di Montale? Possiamo sostenere che la narratività presente nella raccolta induca nel lettore una credulità nei confronti degli eventi soprannaturali, o forse dovremmo considerare tutta la raccolta come una grande allegoria poetica, spiegabile anche con fattori di natura storico-politica? Il confine sicuramente è molto sottile, e dopo queste considerazioni potremmo quasi pensare che Montale sia sempre rimasto su un piano realistico utilizzando semplicemente delle figure retoriche. Eppure durante la lettura dei componimenti ci sono alcuni passaggi, come quando il poeta cura la donna-angelo ferita in Ti libero la fronte dai ghiaccioli, in cui la qualità miracolosa di lei sfugge alla rigida razionalità, come se la sua straordinaria natura morale e spirituale non potesse rientrare nei rigidi schemi del reale. Per quanto la poesia di Montale sia strettamente connessa con la realtà, con la storia, con il quotidiano, l’immagine che il poeta ci riporta della donna amata è talmente straordinaria che a me pare richiedere nel lettore un salto verso una dimensione che trascende quella reale, qualcosa che dunque ci induce a supporre un intervento soprannaturale, anche se non è ben chiaro di che soprannaturale si tratti.
L’amore per Irma Brandeis e la sua figura trasformata in angelo, rappresentano dei valori morali essenziali per Montale, tanto grandi e elevati quanto fragili di fronte alla deriva degli eventi storici. La donna-angelo diventa per Montale una nuova Beatrice, una figura “Cristofora” che potrebbe salvare l’umanità. Nonostante questo la raccolta si conclude con un ritorno alla realtà più cupa, e dunque nel totale pessimismo e sconforto, a causa di un mondo in preda a un male morale che ha diviso i due amanti, e che gradualmente priva di presenze salvifiche l’umanità, e lascia solo e inconsolabile il poeta che conduce ormai un’esistenza vuota e solitaria.
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Note.
[1] Tutte le citazioni da E. Montale, Le occasioni, a cura di T. De Rogatis, Milano, Mondadori 2011.
[2] F. Orlando, Il soprannaturale letterario. Storia, logiche e forme, Einaudi, Torino 2017, p. 23.
[3] Ibidem.
[4] [«Che pozioni ho bevuto di lacrime di sirene, | distillate da alambicchi sporchi dentro come l’inferno, | somministrando paure alle speranze e speranze alle paure, | sempre perdendo quando mi vedevo vincere?» (trad. it. Di A. Serpieri, in W. Shakespeare, Sonetti, Rizzoli, Milano 2004, p. 305)].
[5] F. Orlando, Il soprannaturale letterario. Storia, logiche e forme, Einaudi, Torino 2017, p. 23.
novembre 26, 2018 Letture di testo, Teoria e letteratura 0 Leggi tutto >